Dalla moda alle auto, la “vintage-mania” imperversa: dopo gli anni ’60, ’70 e ’80, sono di scena i ’90. Perdita di fiducia nel futuro? Scarsa creatività? Un libro ci illumina sulla “filosofia della nostalgia”: non fuga dal presente, ma strategia per potenziarlo
i sveglio, accendo la lampada ad arco trovata in un bric-à-brac e sistemata sul comodino Ikea. Preparo il caffè con l’ultimo modello di macchinetta Nespresso, modellato sul design da bar anni ’60, scelgo dall’armadio tra gonne a ruota, blazer anni ’90 scovati in un second-hand e un bracciale hippy trafugato dal portagioie di mia madre».
Presi dalla nostalgia
La semiologa Daniela Panosetti racconta così il corto circuito passato/presente che ha contagiato il nostro stile di vita. Il virus, per fortuna non letale, si chiama nostalgia che nelle canzoni fa rima con “malattia”. “Celeste” per Riccardo Cocciante, “canaglia” per Al Bano e Romina, tenera, disperata, dolce. Nessuno è immune, e non c’è vaccino. Coltiviamo il rimpianto dei “migliori anni”, ci innamoriamo di epoche non vissute o idealizzate.
Il vinile da Oscar
C’è nostalgia positiva in Licorice Pizza (al cinema dal 17 marzo), giustamente candidato agli Oscar, che ci porta nel 1973, nella San Fernando Valley, Los Angeles. Il titolo è rubato a una famosa catena di negozi di dischi (“pizza alla liquirizia” indica i vinili). Il regista Paul Thomas Anderson dipinge la spensieratezza adolescenziale in un colorato affresco che fa da sfondo alla love story tra un quindicenne e una venticinquenne. La musica è una macchina del tempo, lo sappiamo: con But You’re Mine di Sonny & Cher, Peace Frog dei Doors, Let Me Roll It di Paul McCartney e l’immancabile Life on Mars? di David Bowie siamo subito lì.
Mentre La fiera delle illusioni – Nightmare Alley di Guillermo Del Toro, si immerge nel mondo dei giostrai, quando (nei primi anni ’40 del secolo scorso) potevamo ancora credere a maghi, mentalisti e lettrici di tarocchi. Nostalgia un po’ dark.
Un mondo senza social
Abbiamo coltivato il rimpianto dei ’60,’70 ,’80. Il patinato mondo di American Graffiti e Happy Days. Adesso è l’ora dei ’90: le Spice Girls, Beverly Hills 90210, Toy Story, il Nokia 3310, il Tamagotchi e i Vhs. Gwyneth Paltrow, Kate Moss, Jennifer Aniston, Naomi Campbell, Winona Ryder e Madonna.
In casa nostra ecco un’operazione di recupero appena arrivata al cinema. Gli anni belli di Lorenzo D’Amico de Carvalho, con Maria Grazia Cucinotta, ci fa rivivere un’estate innocente del 1994, in campeggio, prima dei social, prima di Facebook e Instagram. «Anni di cambiamento pazzesco, di incognite, di possibilità, di un’inquietudine emotiva che ancora ci caratterizza» ammette de Carvalho.
«C’era Roberto Baggio, c’era musica pazzesca, i Nirvana, i Cranberries, Jon Bon Jovi. E si poteva stare insieme senza distrazioni. Oggi un sedicenne ti sta davanti e chatta con l’amico in Corea». Ai Nineties attinge anche la moda. Gli abiti sottoveste, il denim, le T-shirt sportive e gli slip con il logo che fanno capolino dai jeans sono tornati nell’ultima sfilata Balenciaga di Demna Gvasalia.
Il look book della collezione Pre Fall 2022 è stato presentato tra Polaroid e Vhs. Virginie Viard (Chanel) ha reso omaggio ai ’90 con le mini e i tweed rosa pastello. Ma nel supermercato della memoria convivono decenni diversi. Maria Grazia Chiuri (Dior) si è ispirata a Marc Bohan, direttore creativo negli anni ’60. Pierpaolo Piccioli ha progettato Valentino Archive: Zendaya indossa abiti vintage ’60 e ’70, cinque repliche erano in passerella nella primavera-estate 2022.
Gucci Vault (concept store on line, idea del direttore creativo Alessandro Michele) vende pezzi restaurati e rivisti con una storia da raccontare. «Il passato» dice Michele «è un ponte verso il futuro. Ho creato uno spazio per conversazioni impossibili tra oggetti di provenienza, autori ed epoche differenti».
«Il mood vintage raccoglie frammenti di passati alternativi e culture spesso contrastanti che vanno a costruire uno stile ibrido, frutto di ultime tendenze e incontri casuali» spiega la professoressa Ercoli. «Si fa strada un desiderio malinconico che, tra televisori analogici e videogiochi arcade (quelli a gettoni da sala giochi) e vinili, potremmo chiamare “tecnostalgia”, strana nell’era digitale. Certe volte è nostalgico solo il nome. La Volkswagen rifà il Maggiolino, la Fiat la 500, la Piaggio ricostruisce la Vespa e lo stesso vale per le Mini.
Il futuro (del marketing) è nel passato. Crei un non visto che sa di già visto, perciò ti rassicura. La promessa del nuovo si è un po’ infranta, la prossima generazione non starà meglio della precedente, ognuna sogna il suo paradiso perduto. Si profila già una rivalutazione dei primi anni Duemila, perché la nostalgia si consuma rapidamente e va rinnovata».
Le età dell’oro
In tutto questo guardare indietro che rischia di farci venire il torcicollo c’è, secondo Ercoli, un lato positivo, una via d’uscita dalla celebrazione di età dell’oro forse mai esistite: «La vintage-mania non contiene il dolore della perdita. Non è una fuga dal presente ma una strategia per potenziarlo, per arricchirlo di memoria, per non dimenticare. Così la nostalgia smette di essere paralizzante e diventa un racconto.
Internet ha annullato la dimensione temporale. Su YouTube trovi il vecchio Carosello e il trailer del film che deve ancora uscire. Il più grande diffusore di amarcord musicale è Spotify, le nuove fiction ripetono gli archetipi di sempre: Il Bene, Il Male, il Potere. Forse dal mix verrà fuori qualcosa di nuovo. Forse ha ragione Maria Grazia Cucinotta: «In fondo i sentimenti sono gli stessi, cambiano soltanto i vestiti». Yesterday e Tomorrow non sono poi così lontani.